mercoledì 25 dicembre 2019

Yaryna Moroz Sarno, L'iconografia medievale della Natività di Gesù


Yaryna Moroz Sarno 


Lo sviluppo dell'iconografia medievale della Natività di Gesù


     La miniatura dal Menologio di Basilio II della fine del X secolo (ca 985), 
la Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. Graec. 1613, fol. 278)

    “E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele”, annunciò il profeta Michea (Mic 5,1). Prima di essere il luogo della nascita di Gesù, Betlemme è il luogo della nascita dell’ultimo dei Patriarchi, discendente di Giacobbe: Beniamino (Gn 35,16). Betlemme era anche la città del profeta Davide, dove è nato qui e ha trascorso l’infanzia pascolando il gregge e dove riceverà l’unzione regale dalle mani del profeta Samuele. Nel Betlemme (dall'ebraico "casa del pane") nasce "Pane vivo disceso dal cielo" (Gv 6, 41).
    
"Ti saluto, o casa del pane, nella quale è nato quel Pane disceso dal cielo", disse nell'Omelia 108 San Girolamo. "Pane del cielo", Gesù che nasce in una grotta è fonte di vita nell’Eucarestia. Il rapporto tra Betlemme “la casa del pane” e l’Eucaristia è molto profondo. “Felice chi ha Betlemme nel suo cuore, nel cui cuore, cioè, Cristo nasce ogni giorno! Che significa del resto “Betlemme”? Casa del Pane. – Siamo anche noi una casa del pane, di quel pane che è disceso dal cielo.” commentando il Salmo 95, scrisse S. Girolamo.


  
Sarcofago con la rappresentazione del presepe dell'ultimo terzo IV secolo dalla Necropoli Vaticana

  
   Nel 330 ca si iniziò la costruzione della basilica della Natività dall'iniziativa dell’imperatore Costantino I e di Santa Elena. Con il tempo si maturava la consapevolezza della necessità di festeggiare la nascita del Redentore per rafforzare la fede nell'Incarnazione. Nella 'Depositio Martyrum' è stata già scritta la festa del Natale che veniva celebrata nel 25 dicembre del 336 a Roma. Il Cronografo Romano del 354 indica invicti "[giorno] natale del non vinto", VIII kalendas Ianuarii, la "nascita di Cristo a Betlemme di Giudea" (natus Christus in Betleem Judeae).
   Per lo sviluppo della rappresentazione della Natività è fondamentale l’istituzione della festività del Natale stabilita dal papa Liberio nel 354 (l'anno della consacrazione dell'antica basilica di Santa Maria Maggiore a Roma che inizialmente veniva chiamata ‘Santa Maria ad Praesepem’ perché la primitiva basilica aveva una ‘Grotta della Natività’ identica a quella di Betlemme, dove si collocava inizialmente la reliquia della mangiatoia). Al seguito del concilio di Efeso del 431 si canonizza la rappresentazione della natività. Dopo il Concilio di Efeso del 431 quando è stata proclamata la maternità divina di Maria la sua figura divenne stabile della scena della nascita del Signore, spesso rappresentata a riposo accanto al Bambino. A partire dal VI secolo la Vergine divenne il punto focale della scena. La figura di Giuseppe seduto su un masso, che soppianta il pastore/ profeta compare dal V secolo. Egli si raffigurava di solito sul lato opposto alla Vergine.
   L'iconografia della Natività è basata principalmente su i Vangeli di Matteo (2, 1-12) e Luca (2, 1-20), ma sono importanti anche gli apocrifi (in paricolare il Protovangelo di Giacomo, il Vangelo dello Pseudo-Tommaso, il Vangelo Pseudo-Matteo, Vangelo siriaco dell'infanzia). La più antica raffigurazione della Natività si conserva nell'affresco delle Catacombe di Priscilla (III secolo) con la Vergine seduta con il Bambino in braccio. Il profeta che le è accanto indica la stella evocando l'oracolo messianico del profeta Balaam: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Numeri 24,17). Le antiche rappresentazioni sui sarcofagi risalgono al secolo IV (sarcofagi del Museo Lateranense di Roma). Lì apparve lo schema semplice di una grotta o di una capanna con il Bambino sulla paglia al centro fra il bue e l’asinello che hanno i riferimenti all’Antico Testamento e rappresentano il popolo ebreo (bue) e i pagani (asinello). Come è scritto nel profeta Isaia: "Un bue riconosce il suo proprietario e un asino la greppia del suo padrone" (1, 3). Il profeta Abacuc dice: "Il Signore sarà riconosciuto in mezzo a due animali" (3, 2, secondo la Versione greca dei LXX). L'apocrifo Vangelo dello Pseudo-Matteo, scive sulla nascita: "La beatissima Maria uscì dalla grotta e, entrata in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, e il bue e l'asino l'adorarono" (14, 1).
   Le parole di Isaia "Abiterà in una grotta alta di pietra dura" (Is., 33, 16) sono applicate alla nascita di Cristo dall'apologista Giustino (II sec.) Nel Protovangelo di Giacomo (II sec.) si legge: "Giuseppe trovò una grotta e vi condusse dentro Maria" (18, 1). Anche il Vangelo dello Pseudo-Matteo (13, 2) scrive di una grotta. Era stato affermato da Origene che era possibile visitare questa grotta su quale Sant'Elena costruì la basilica chiamata da S. Girolamo Ecclesia Speculae Salvatoris. Sui sarcofagi iniziano a comparire le figure dei pastori o dei profeti con il rotolo di pergamena.
   Questo, che i primi cristiani si identificavano con i Magi, che manifestavano l'universalità della salvezza per tutte le genti, spinse la diffusione delle immagini dell'Adorazione sin dalla nascita dell'arte cristiana (le raffigurazioni sulla lastra funeraria di Severa (seconda parte del III sec.), nella catacomba dei SS. Pietro e Marcellino di Roma; nella fronte di un sarcofago (prima metà del IV sec.), del Museo Pio Cristiano della Città del Vaticano; nel coperchio di sarcofago (prima metà del IV sec.) di S. Paolo fuori le mura; nel IV sec., nel sarcofago del Museo Ambrosiano di Milano, nel sarcofago di Stilicone della basilica di S. Ambrogio di Milano, nel sarcofago di Adelfia del Museo arcivescovile di Siracusa).
   Nella rappresentazione del cammino verso Bethlemme dei Magi e dell'Adorazione del Bambino sono i versi del Vangelo di Matteo (Mt 2,1-12). Come l'Adorazione dei Magi è interpretato il passo della profezia di Isaia: "Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa..." (Is 60,6). Nel tratto dal Salmo (71,10) si dice: "I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi". Nel Protovangelo di Giacomo (II secolo) leggiamo: «[I Magi] dicevano, Dov’è nato il re dei giudei? Abbiamo visto la sua stella nell’Oriente e siamo venuti ad adorarlo....[Erode] interrogò i Magi, dicendo, Quale segno avete visto a proposito del re che è nato? I Magi risposero, Abbiamo visto una stella grandissima che splendeva tra queste stelle e le oscurava, tanto che le stelle non apparivano più. E così abbiamo conosciuto che era nato un re a Israele... Ed ecco la stella che avevano visto nell’oriente li precedeva finché giunsero alla grotta e si arrestò in cima alla grotta». Il papa Leone Magno (V sec.) ha dedicato all’Adorazione dei Magi otto Sermoni. Secondo la sua spiegazione, l’Adorazione dei Magi dimostra la vocazione dei gentili. La stella è il segno della luce rivelata ai pagani e rifiutata dagli ebrei ciechi. Nella stella si realizza la profezia di Balaam nell'Antico Testamento: "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele" (Num 24, 17). Nell'Apocrifo del VI secolo (Codice Arundel 404) è scritto: "Abbiamo visto in cielo la stella del re degli Ebrei e siamo venuti ad adorarlo, perché sta scritto nei libri antichi a proposito del segno di questa stella: quando sarà apparsa nascerà il re eterno e darà ai giusti la vita immortale". Nel Vangelo Armeno dell'Infanzia, fine VI secolo, (cap. V, 10) si riferisce: " Un angelo del Signore si affrettò di andare al paese dei persiani per prevenire i re magi ed ordinare loro di andare ad adorare il bambino appena nato. Costoro, dopo aver camminato per nove mesi avendo per guida la stella, giunsero alla meta proprio nel momento in cui Maria era appena diventata madre. E' da sapere che in quel momento il regno persiano dominava sopra tutti i re dell'Oriente per il suo potere e le sue vittorie". 

    Nelle catacombe romane l’episodio dell’Adorazione dei Magi si rappresenta varie volte con diverso numero dei Magi (nelle catacombe di Domitilla sono quattro, nel cimitero dei Santi Pietro e Marcellino sono due raffigurati in maniera simmetrica). Tertulliano è stato primo a dire che loro erano i re. Origene ha precisato il numero tre. Il vescovo Cesario di Arles li chiamò per i nomi: Gaspare, Melchiorre e Baldassare. Nel Vangelo armeno dell'Infanzia del V secolo si afferma che sono statti tre re. 


 ll mosaico nel monastero di Daphni, XII secolo

   Oltre questi fonti del racconto e della rappresentazione della Narività sono stati integrati i testi medievali della Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, delle Meditazioni sulla vita dello Pseudo-Bonaventura (entrambi del XIII secolo), della Storia dei Tre Re i Giovanni da Hildesheim (XIV secolo) e Celesti Rivelazioni di Santa Brigida.


 
Menologio di Basilio II della fine del X secolo, 
la Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. Graec. 1613)



  Nell'iconografia ucraina il motivo della nascita del Signore è conosciuto attraverso i codici medievali (il Salterio di Gertruda e il Salterio di Kyiv del 1397) e le numerose icone della devozione popolare proveniente dalle diverse parti dell'Ucraina.


La miniatura dell'XI secolo eseguita a Kyiv
nel codice di Gertrude, moglie di Iziaslav I, gran principe di Kyiv (1054-1078),
 (Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, codice CXXXVI, fol. 9 v)

Il Salterio di Kyiv dell'anno 1397



L'icona ucraica del XV secolo

L'Adorazione dei Magi, la metà del XVI secolo, il villaggio Busovysko 
(Museo Nazionale a Leopoli).

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