venerdì 29 maggio 2015

Malevych, il Suprematismo e il "Quadrato nero su fondo bianco" , di Yaryna Moroz Sarno


                   

Yaryna Moroz Sarno

                           

 MALEVYCH,
       IL SUPREMATISMO E IL "QUADRATO NERO 
SU  FONDO BIANCO"




    Uno tra i più attivi e noti esponenti dell’avanguardia europea, il famoso fondatore del movimento artistico "Suprematismo" creato intorno al 1913, Kazymyr Malevytch è stato il primo pittore a dipingere un quadro totalmente astratto: il “Quadrato nero su fondo bianco” (1913). Il Suprematismo è un termine ideato da Kazymyr Malevytch per denominare il suo sistema pittorico fondato sulla supremazia della pura sensibilità e liberazione dell’arte dal mondo oggettivo, come ricerca del colore puro e della semplice forma colorata, legato essenzialmente al nome del suo iniziatore.
    Nacque a Kyiv (Ucraina) l'11 febbraio del 1879 da una antica nobile famiglia, le cui radici risalgono al XV – XVI secolo. Fu battezzato nella cattedrale di Sant’Alessandro.


                                                       Il palazzo della sua nascita (Kyiv). 



    Suo padre Severyn Malevych era direttore dello zuccherificio di un celebre industriale e mecenate ucraino Nicola Tereschenko. La madre Ludovica Galynowska (1858-1942) era ucraina, originaria della regione di Poltava ed era lei ad aiutare e sostenere moralmente Kazymyr nella sua scelta di diventare artista.

 
La madre Ludovica A. Malevych (Galynowska) 

   Fino a diciassette anni viveva con i suoi genitori principalmente nelle piccole città e villaggi d'Ucraina, dove c'erano zuccherifici. Per motivi di lavoro il padre, spostandosi spesso alle diverse fabbriche di zucchero, andava con la sua famiglia a Yampil (Podillya), dove Kazymyr ha vissuto fino dodici anni, nella regione di Chernihiv (Volchok e Konotop - 1893-1895) e nella regione di Kharkiv (Parkhomivka e Belopilya - dal 1900). Vivendo tra i contadini e nelle campagne, Kazymyr Malevych da piccolo conosceva bene la spiritualità, la tradizione e l’arte ucraina folk. Nel Konotop (la regione di Chernigiv) e dopo nella Parkhomivka (Kharkiv), dove l'artista visse dai dodici ai quindici anni, vide la tradizione folk delle fornaci dipinte e le osservò spesso dipingere.  


La famiglia Malevych 

   Per tutta la sua vita Kazymyr Malevych sottolineava che la sua visione del mondo e dell'arte è stata  formata nel villaggio ucraino. Come ricorderà dopo nella sua autobiografia: “La campagna, come ho già detto, si occupava d’arte .....faceva delle cose che mi piacevano moltissimo. In esse c’era appunto tutto il segreto delle mie simpatie per i contadini. Con grande emozione li guardavo dipingere i muri e li aiutavo a coprire d’argilla i pavimenti ... e decorare la stufa”[1].
  Sull'influsso che aveva Kyiv su di lui scrisse nell'autobiografia: "Kyiv diventò a poco a poco il nuovo ambiente che agì sulla mia mente, e mi rivelò la nuova realtà dell'arte". Ed aggiunge: "Allora non capivo nulla, non ragionavo sui problemi dell'arte di Kyiv e dell'arte della campagna, ma dal punto di vista puramente emotivo le pecepivo tutte e due allo stesso modo: un piacevole senso di eccitazione e un grande desiderio di dipingere quegli stessi quadri....Anno dopo anno mi rafforzavo in questa attività e provavo una forte attrazione nei confronti di Kyiv. Kyiv destò in me perenne e singolare impressione" [2]. 
   Ha studiato nella scuola d’Arte di N. Murashko (1844-1908) con un noto pittore di quella epoca N. Pymonenko (1862-1912). Dopo tanti anni ricordava con gratitudine il suo maestro N. Pymonenko: “I suoi quadri produssero su di me grande impressione... Rimasi scosso da tutto quello che vidi nel suo studio. Una quantità di cavalletti, sui quali c’erano i quadri che raffiguravano la vita dell’Ucraina. Espongo i miei lavori, bozzetti presi dal vero. M'iscrivo alla Scuola d'arte a Kyiv”[3].


 

    Dopo la morte del padre, la famiglia di Malevych si trovò in grave difficoltà, ed egli decise di trasferirsi nel 1904 (o 1907) a Mosca. Non si sa se davvero aveva svolto i suoi studi a Mosca, è molto più verosimile che no. 
    La sua partecipazione alla secessione, al cubismo, al futurismo dinamico, in seguito il suo stile si modificò intorno al 1911 in una tecnica intermedia fra il Cubismo ed il Futurismo, riprendendo dal primo la frammentazione della forma e dal secondo la moltiplicazione dell’immagine, molto più vicino a Fernand Léger che a Georges Braque o Pablo Picasso.
   Nel 1912 Malevych è stato invitato da Kandinsky alla seconda mostra del Blaue Reiter dove presenta esempi del nuove stile: le figure di contadini, costruite con masse geometriche dai colori evocanti l’espressionismo tedesco. Prende parte alle mostre  di "Der blaue Reiter" ed espone le sue opere neo-primitiviste chiamate "Realismo transrazionale" e "Realismo cubo-futurista" all'ultima mostra della "Unione della gioventù"  a Monaco. Nel primo numero della rivista “Unione della Gioventù” (nell’aprile 1912) viene annunciata la traduzione del libro di Wilhelm Worringer, “Astrazione e empatia” (Abstraktion und Einfühlung) (1908), che nel 1907 uscì come tesi di laurea, che ha concepito l'astrazione come punto d’arrivo e aveva grande influsso sul pensiero dell’epoca. Nel non publicato manifesto dell’Unione il 23 ed il 24 marzo 1913 si sottolineava “la necessità per il pittore di esprimersi soltanto attraverso il linguaggio proprio della pittura...”[4]. Espone più di venti opere neoprimivitiste alla mostra di "Coda d'asino", tenuta da Michail Larionov a Mosca dove incontra il pittore e compositore Michail Matjushin (1861-1934).
      Dopo aver superato l’influsso delle avanguardie occidentali, in modo particolare F. Léger, iniziò un’altra direzione dell’arte. Dal periodo cubo-futurista (1911), in cui il quadro risultava dalla combinazione di moduli formali geometrici,  nel 1913 giunse al Suprematismo che avrà grande influsso sull’arte mondiale. Basato sulla supremazia della pura sensibilità e liberazione dell’arte dal mondo oggettivo. Sviluppò il discorso pittorico verso l’astrazione assoluta perseguendo la suprema sensibilità pura nell'arte. Alla ricerca di una nuova immagine del mondo il Suprematismo diventa lo strumento più adatto per "il rinnovamento della vita”.
   Sviluppò il discorso pittorico verso l’astrazione assoluta, teorizzando dapprima sul manifesto nel 1915 (scritto da Malevych in collaborazione con il poeta Majakovskiy), poi nel suo saggio del 1920 “Il Suprematismo ovvero il mondo della non rappresentazione”: “Col nostro nuovo sistema e col programma superiamo le arti rivoluzionarie del cubismo, del futurismo e del suprematismo perché queste racchiudono l’avanzata degli avvenimenti verso l’unico segno creativo. Il cubismo e il futurismo hanno distrutto il vecchio mondo delle cose e noi siamo giunti al non-oggettivo, cioè alla spogliamento completo del passato per sfociare nel mondo suprematista, utilitaristico e dinamicamente spirituale”[5].


Il Maestro con i suoi studenti

   Intorno al maestro si raggrupparono i giovani artisti El Lissitzky, David Burliuk, Aleksandra Ekster, Larionov, Gontcharova, Rodzenko, Ivan Punin, Yuriy Anninko, Pavel Mansurov, i fratelli Pevsner. Fondò nel 1915 la società "Supremus", con Olga Rozanova, Ljubov Popova, Aleksandra Ekster, Ivan Kljun e Vera Pestel, e pubblica una rivista con lo stesso nome. Il gruppo "Supremus" in seguito appartenevano Lazar Lissitzky, Aleksandra Ekster, Ivan Kljiun, Ivan Punin, Nadezhda Udaltsova, Nina Genke-Meller, Liubov Popova, Ksenia Boguslavskaya, Vera Pestel, Olga Rozanova ed gli altri.  Durante le riunioni molto frequenti discutevano sulla filosofia del suprematismo, credendo nell'approccio spirituale dell'arte suprematista e nella sua missione di migliorare la società.





    L’arte per Malevytch è un mezzo di profonda trasformazione e di ricerca, non ornamento e decorazione. Il suo interesse non si rivolge più esclusivamente alla pittura, ma anche verso l’architettura e le arti applicate. Il risultato sono gli Achitektony, elementi modulari per una futura architettura dello spazio "il suprematismo architettonico" e le tazze e teiere in porcellana bianca decorate con la geometria espressiva del Suprematismo. Per sottolineare il carattere filosofico della propria concezione dell’arte, Malevich produce una grande quantità di scritti a sostegno della sua posizione. L’arte non è solo "arte", ma è un "pensiero"; infatti, egli scrive: Il pennello è ribelle e non può penetrare nella sinuosità del cervello, la penna è più acuta.
    Il suprematismo di Malevych avrà un influsso determinante sull’avanguardia europea almeno fino al 1920 e dà inizio a una nuova concezione di pittura impostata sul non-oggettivismo e spazio fluido. Fra tutte le avanguardie radicali volte al rinnovamento del linguaggio pittorico puro e plastico “Il Suprematismo non ha creato un mondo nuovo della sensibilità, ma una nuova rappresentazione immediata del mondo della sensibilità in senso generale”, spiegava il creatore del Suprematismo[6]. L’importanza della sensibilità nuova si sottolinea: “Decisiva è invece la sensibilità, ed è per suo tramite che l’arte arriva alla rappresentazione senza oggetti, al Suprematismo” [7].
  Con quest’opera Malevytch da inizio a quella che potremo definire la fase ‘dura’ del suprematismo. Dura poiché intransigente e purista fino alle estreme conseguenze toccate nel 1918 con il "Quadro bianco su fondo bianco". Infatti, con Malevytch assistiamo a un raro caso di coerenza teorica in cui considerazioni tratte dalla speculazione estetica si traducono in una precisa poetica di opere programmatiche. Malevytch muove da considerazioni estetiche, questo perché la sua attenzione è incentrata sul tema della sensibilità, intesa in un senso kantiano di facoltà con le sue leggi a-priori, di questa sensibilità Malevytch indaga gli elementi costitutivi essenziali. Quindi il suo interesse si sposta di conseguenza sulla percezione della forma, analizzata attraverso l’impiego di forme semplici ed elementari, così da togliere ogni determinazione tematica derivante dal soggetto della descrizione pittorica. In questo senso la pittura di Malevych è rigorosamente astratta e in un certo senso concreta. Ciò con cui lui lavora sono forme, esattamente come farebbe uno psicologo sperimentale della gestalt. Con questo quadro l’autore cerca quindi di spingersi fino a ciò che potremmo chiamare l’atomo della sensibilità, l’elemento minimo della percezione di una forma sensibile che sia ancora riconoscibile come tale. Malevych si spingerà ancora oltre con un atteggiamento sperimentale chiedendosi se un qualcosa che si dichiara essere un quadrato bianco su fondo bianco è ancora da considerarsi una forma sensibile o no.
   Ecco quindi che l’artista si comporta da sperimentatore esattamente come Duschamp, che in quegli stessi anni si chiedeva se una giuria artistica avrebbe accettato un orinatoio come opera d’arte oppure no. In un certo senso possiamo dire che se Duschamp andava sperimentando sul lato dell’ “artisticità”, e cioè su ciò che la società era disposta a riconoscere come arte, Malevich a sua volta, sperimentava sul fronte dell’esteticità, e cioè su ciò che la facoltà umana era capace di riconoscere come forma sensibile.
   Ha formulato la poetica del Suprematismo come l'identità d'idea e percezione, fenomenizzarsi dello spazio in un simbolo geometrico, astrazione assoluta[8], per rilevare le configurazioni formali delle opere, “con lo stesso rigore delle antiche icone ucraine, non cercò più la vena genuina di un ethos popolare ma la radice semantica, il significato primario dei simboli e segni espressivi"[9].
  K. Malevych scrisse: "Con il termine suprematismo intendo esprimere la supremazia della sensibilità pura nell'arte creativa. Per il suprematista i fenomeni visivi del mondo oggettivi sono validi in sé, senza altro significato; la cosa importante è sentire" [10].
   A partire dal dicembre del 1913, Malevych esponeva delle opere che presentava sotto il titolo di Realismo transrazionale. Nel 1913 procede a una definitiva rottura con il pretesto oggettuale. Malevitch considera il 1913 l’anno di nascita del Suprematismo: “Il suprematismo è sorto nel 1913”[11]. Come spiega dopo: “Menzionando la non-oggettività volevo soltanto indicare in maniera evidente che le cose, gli oggetti, ecc. non sono trattati nel suprematismo, nulla di più – la non-oggettività non è affatto in causa. Il Suprematismo è un preciso sistema mediante il quale si è svolto il movimento del colore per il lungo cammino della cultura”[12]. Suprematismo lui vede come “pittorico modello del cosmo, costruito sul movimento di forme definite geometricamente”. La critica del concetto di imitazione della natura, comportava il superamento delle forme illusorie, in vista del raggiungimento del “nulla liberato”, del mondo non oggettivo al di là del tempo e dello spazio sensoriale. Le radici del suprematismo, la cui compiuta teorizzazione si deve unicamente a Malevich, affondano da una parte in una profonda rivendicazione di autonomia rispetto al passato, caratteristica delle prime avanguardie, e dall’altra nell’influenza decisiva di futurismo e cubismo.


 


 


     Il primo "Quadrato nero" è stato realizzato nel 1913 e rappresenta la prima opera suprematista: “La prima forma del suprematismo era il piano del quadrato”[13], scrive K. Malevych. "Nell'anno 1913, nel mio disperato tentativo di liberare l'arte dalla zavorra dell'obiettività, mi rifugiai nelle forme quadrate ed esposi un quadro che consisteva in nient'altro che un quadrato nero su sfondo bianco. I critici e insieme a loro il pubblico, sospirarono: "Tutto ciò che abbiamo amato è stato perso. Siamo in un deserto... Davanti a noi non c'è altro che un quadrato nero su sfondo bianco!", diceva K. Malevich.
L'artista ha detto come commento al suo Quadrato nero: “Io mi sono trasformato nello zero delle forme e sono uscito dallo zero nella creazione, cioè nel suprematismo, il nuovo realismo della pittura, la creazione non-oggettiva. Il suprematismo è l’inizio di una nuova cultura: il selvaggio è vinto... Il quadrato non è una forma subconscia. É la creazione della ragione intuitiva, il volto della nuova arte... Nell’arte del suprematismo le forme vivranno, come tutte le forme vive della natura.... Ogni forma è libera e individuale. Ogni forma è mondo... La superfice-piano è viva, è nata”[14].

    Infatti, il dipinto che si intitolava anche "La vittoria sul sole" che nasce mentre nel 1913 disegnava scene e costumi per l'opera futuristica "La vittoria sul Sole" di Matyushin e Krucenych del "primo teatro futurista del mondo", è stato dimostrato per la prima volta sul palcoscenico del teatro. In dicembre l'opera “Vittoria sul sole” (musica di Michail Matjushin, libretto di Aleksej Kruchënykh, prologo di Veliamir Chlebnikov) è rappresentata due volte al teatro Luna Park di Pietroburgo.


 K.Malevich con O. Kruchonykh e M. Matyushin affianco 
durante la creazione dell'opera "La vittoria sul sole" nella casa estiva di M. Matyushin, 1913.

    Nella sua lettera a Matyushin K. Malevich scrisse: “Questo disegno avrà un’importanza enorme per la pittura. Rappresenta un quadrato nero, l'embrione di tutte le possibilità che nel loro sviluppo acquistano una forza sorprendente. E' il progenitore del cubo e della sfera, e la sua dissociazione apporterà un contributo culturale fondamentale alla pittura….”[15].
   Nel testo “Dal cubismo e dal futurismo al suprematismo. Il nuovo realismo della pittura”, accompagnato da due illustrazioni suprematiste: un cerchio su fondo quadrato e un quadrato su fondo bianco egli spiega: “Il quadrato non è una forma subconscia. É la creazione della ragione intuitiva. Il volto della nuova arte! Il quadrato è vivo infante reale”[16]. In realtà, questa composizione è, a tutti gli effetti, una delle opere d’arte fondamentali del ‘900. “La sua decomposizione ha dato parecchi piani che successivamente hanno cominciato ad adottare un’organizzazione, ossia della costruzioni in rapporti diversi ... e a scale diverse”[17].

 


   Il pubblico venne messo alla conoscenza del “Quadrato Nero” solo il 7 dicembre 1915 quando venne esibito, assieme ad altre 38 (o 34 secondo altre fonti) opere simili nella concezione, quadrati e cerchi rossi e neri e loro semplici composizioni, in una mostra intitolata “0.10 Ultima Mostra Futurista” nella galleria privata di Dobycina a San Pietroburgo. Molti dei quadri presentati nel catalogo consistono in soggetti “rappresentati in quattro dimensioni”. E fu così che lo espose per la prima volta in un angolo della sala della mostra. In alto, come una icona, irradiando sulla stanza la luce teologica. "Il quadrato nero" dovesse essere come una espressione pura, come un'icona senza cornice.
 
Il manifesto dell’“Ultima mostra futurista: 0.10”

  
    In occasione dell’“Ultima mostra futurista: 0.10” è stato pubblicato il testo “Dal cubismo e dal futurismo al suprematismo. Il nuovo realismo della pittura” che ha avuto tre edizioni, la terza era la più completa. Le sue “costruzioni pittoriche” intendono fornire una nuova definizione spaziale. L'autore cercava come individuare uno spazio di “figuratività utilitaria”. Maturava il suo interesse per lo studio strutturale dello spazio delle icone[18]. Nell'autobiografia Malevytch scrisse: “...Nonostante l’educazione naturalistica dei miei sentimenti nei confronti della natura, una forte impressione produssero su di me le icone. In esse sentii qualcosa di intimo e di straordinario. ... Intuii un legame tra l’arte contadina e quella delle icone: l’iconografia è la forma più alta della cultura artistica contadina. In essa trovai la parte spirituale dell’“epoca contadina”... le icone rovesciarono tutte le mie teorie e mi condussero al terzo stadio di sviluppo. ... i pittori d’icone, raggiunta una grande maestria tecnica, riproducevano il contenuto in una verità antianatomica, fuori della prospettiva spaziale e lineare. Il colore e la forma erano da essi creati in base alla percezione puramente emotiva del tema. Essi dipingevano al di fuori di ogni regola, sostenute dalle opere classiche...”[19] Questo definì un principio dell’arte più importante, che emerse dallo studio delle icone: “La conoscenza dell’arte iconografica mi convinse che non si trattava di studiare l’anatomia e la prospettiva, né di riprodurre la natura nella sua verità, ma di sentire l’arte e il realismo artistico.. ...capii che la realtà o il tema è ciò che bisogna reincarnare nella forma ideale proveniente dal profondo dell’estetica. Per questo tutto può essere bello nell’arte”[20]. La scoperta del vero significato dell’arte attraverso le icone rimane anche fissata nel suo saggio autobiografico: “Attraverso l’arte iconografica compresi l’arte impressionista dei contadini, che amavo anche prima ma di cui non avevo chiarito tutto il significato, che mi si era svelato dopo lo studio delle icone”[21]. Le due fonti stilistiche della sua formazione erano: la tradizione pittorica popolare e l’arte delle icone. 

   Il suprematismo, che nel contesto delle avanguardie intorno al 1920 si è confrontato con il costruttivismo, con reciproche influenze, rappresenta una delle principali articolazioni dell'astrattismo degli anni Dieci del Novecento, accanto a quella lirica di Kandinskij e a quella neoplastica di De Stijl. “Il quadrato nero sullo sfondo bianco è stato la prima forma di espressione della sensibilità non oggettiva: quadrato = sensibilità, fondo bianco = il Nulla, ciò è fuori della sensibilità ... I quadri dei suprematisti e le forme che sono derivate si possono paragonare ai segni dell’uomo primitivo, che nel loro insieme non volevano illustrare, bensì rappresentare la sensibilità del “ritmo”. Il quadrato si muta per formare figure nuove, gli elementi delle quali si compongono in una maniera o in un’altra, secondo le norme della sensibilità ispiratrice”.[22]. Dall’intuizione di una pittura non-oggettiva, basata su elementi puri (il quadrato è il simbolo ed è il primo vocabolo del nuovo alfabeto plastico), fino alla vera pittura suprematista ed al “Quadrato nero su fondo bianco” era occorso un lungo cammino analitico.


 


Malevych usava il segno del quadrato nero per firmare le sue opere, anche le bozze.











 
  La figura geometrica del quadrato spesso apparve nelle sue composizioni.


     Malevych scrisse il manifesto “Dal Cubismo al Suprematismo. Il nuovo realismo pittorico” (1916), pubblicato nella casa editrice di Michail Matjushin, dove espose i principi del suprematismo: la nuova arte del suprematismo rappresentava un’altra tappa del pensiero. Secondo lo stesso Malevych, “il suprematismo si divide in tre periodi corrispondenti al numero dei quadrati neri, rossi e bianchi, il periodo nero, il periodo colorato e quello bianco... I periodi sono stati costruiti su una evoluzione pura del piano. A fondamento della loro costruzione è stato posto questo basiliare principio economico: con un solo piano tradurre la forza della statica o della quiete dinamica apparente”[23]. E continua: “Tutti i periodi sono passati sotto i segni convenzionali dei piani, come per esprimere i piani dei futuri corpi volumetrici ed effettivamente in questo periodo il suprematismo cresce nel tempo volumetrico della nuova costruzione architettonica. In tal modo il suprematismo si pone in connessione con la Terra, ma in forza delle sue costruzioni economiche modifica tutta l’architettura delle cose della Terra, unendosi nel più ampio senso del termine allo spazio delle masse fuse nel movimento del sistema planetario”[24].

La copertina del libro “Dal Cubismo al Suprematismo. Il nuovo realismo pittorico” (1916)

     Partendo da una base filosofica definisce l’assoluta necessità di rinnovamento del mondo. Il saggio “Da Cézanne al Suprematismo” del 1921 scrive: “Prima del Cubismo si riteneva interessante un oggetto in quanto tale, e il contenuto della pittura era il processo di elaborazione del colore e del disegno. Non si riusciva a rendere altrimenti il contenuto pittorico se non trasferendo la forma dell’oggetto, in tal senso, era la premessa anche per gli impressionisti.... Il pittore, il pittore assoluto, deve porre in luce i valori pittorici. I cubisti, grazie alla scomposizione, hanno superato l’oggettuale, e da quel momento ha avuto inizio la pittura pura...”[25]. 


 
La copertina del saggio “Da Cézanne al Suprematismo”


    Alla "Pubblica e popolare conferenza scientifica dei Suprematisti", organizzata da Ivan Punin, legge Cubismo-Futurismo-Suprematismo. Partecipa alla mostra "Magazin"; espone sessanta tele suprematiste alla mostra del "Fante di quadri". Analizzando retrospettivamente nel 1919 il primo stadio del suprematismo, Malevich individuava “un momento filosofico [cha passa] attraverso il colore ... la massa di colore è trasformata in superficie-piano”. La superficie-piano (colorata) verrà considerata come un organismo sui generis e come definizione autonoma dello spazio.
   Malevytch spiega il significato dell’acromatismo del suo quadro: “Il nero e il bianco nel suprematismo servono da energia che rivela la forma; questo riguarda solo i momenti della costruzione su tela dei progetti del suprematismo volumetrico, mentre nell’azione reale, tangibile non ha alcuna funzione, giacché esiste solo la relazione della forma”[26]. Il suo minimalismo dei mezzi pittorici si spiega così: “Il mistero è la creazione del segno, il segno è l’aspetto reale del mistero, nel quale si comprendono i sacramenti”[27]. “Il quadro nero ha determinato l’economia, che io ho introdotto come quinta dimensione dell’arte. La questione economica è divenuta la mia principale attività, dalla quale esamino tutte le creazioni del mondo delle cose; questo è il mio lavoro principale... ”[28]. Malevitch scrisse: “Ho detto che il nero e il bianco, nel suprematismo, servono da energia che rivela la forma; questo riguarda solo i momenti della costruzione su tela dei progetti del suprematismo volumetrico, mentre nell’azione reale, tangibili non ha alcuna funzione, giacché la rivelazione della forma spetta alla luce; ma ormai nelle forme del suprematismo reale rimangono solo il bianco e il nero e da loro deriva tutta la gradazione di energia del materiale”[29].
    Col dipinto "Quadrato nero su fondo bianco" Malevytch diede il primo progetto di riconoscimento di forme "assolute", libere da ogni descrittivismo naturalistico, fino all'azzeramento radicalmente puro dei monocromi ("Quadrato bianco su fondo bianco", 1918, Museum of Modern Art, New York).
   Secondo Malyvech il suprematismo aveva "nel suo sviluppo storico tre gradi di nero, colore e bianco". Il primo grande testo teorico con il quale ha iniziato la sua attività filosofico-teorica era “Nuovi sistemi nell’arte”, scritto dopo la sua ultima esperienza suprematista con i quadri “Bianco su bianco” nell’estate del 1919 che doveva essere "un segno della purezza della vita creativa umana". L'importante ricordare, che ricami della regione di Poltava da dove proveniva la sua madre, erano ed sono ancora il binco sul bianco.

 

 
   Trasferisce l’azione del pittore nella sfera della teoria. “Postici davanti alla non-oggettivtà, dobbiamo costruire la nuova forma pittorica, senza imitare le forme già pronte; in questo modo sbuchiamo sulla strada immediata della creazione, tenuto contro del fatto che in nessun posto del mondo pittorico nulla cresce al di fuori di un sistema”[30]. Malevytch spiega le conclusioni della teoria pittorica, fondata sulla necessità del “seme dell’infinito” che definisce il suo orizzonte spirituale. La nuova arte del suprematismo rappresenta un tappa del pensiero, “una delle prime apparizioni del pricipio dell’economia nelle forme dell’arte”[31]



 
 Le manifestazioni suprematiste a Vitebsk






      Il Suprematismo resta essenzialmente legato al nome del suo iniziatore, anche se i riflessi della sua poetica andarono al di là dei dipinti e modelli architettonici dell'artista. Nel clima formalista dell'avanguardia Malevytch sosteneva che l'artista moderno doveva guardare a un'arte finalmente liberata da fini pratici e di rappresentazione e lavorare sulla base del riconoscimento della "supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative". La critica del concetto di imitazione della natura, comportava il superamento delle forme illusorie, in vista del raggiungimento del “nulla liberato”, del mondo non-oggettivo al di là del tempo e dello spazio sensoriale.

Il libro "Suprematismo" 1920

   Il trattato "Dio non è stato detronizzato" con il sottotitolo “L’Arte. La Chiesa. La Fabbrica” (1920) risponde all’ideologia della produzione conduce al cuore del problema della non-oggettività, è indispensabile per conoscere i fondamenti filosofici e morali del sistema maleviciano. 

 
 Il suo libro "Dio non è stato detronizzato. L’Arte. La Chiesa. La Fabbrica” (1920)


    Nel tempo totalmento ateo per la Russia sovietica scrive: “Comprensione di Dio o comprensione dell’Universo, in quanto cosa perfetta, diventa il suo oggettivo principale [...]. Riconosciuto che l’universo è perfetto, egli ha riconoscuto Dio e, nello stesso tempo, ha riconoscuto che natura non pensa, che è lui solo che pensa, perché Dio, in quanto grado assoluto della perfezione della natura”[32]. “L’autoproduzione suprema, nel trionfo del Dio della creazione liberata, fu precipitata nell’infinito. Questo Dio, pensatore perfettissimo, creò il mondo per mezzo del suo pensiero senza utilizzare un solo istante il lavoro.... il suo cammino si dirige verso l’umanità, e di là a Dio, compreso come la perfezione. Il suo pensiero è teso e la prima parola sulle sue labbra è quella di “perfezione”....poiché la perfezione è Dio, la sua prima parola sarà sempre Dio”[33]. Malevich vede la non-oggettività come collegata con il divino: “E così in definitiva, tutti i sensi e al di là è Dio, o più esattamente, davanti a Dio si leva il limite di tutti i sensi e al di là è Dio nel quale il senso non esiste ormai più. E così in definitiva, tutti i sensi umani che non conducano al senso di Dio sono coronati di nonsenso. Dunque Dio non è il senso ma il nonsenso. É il suo nonsenso che bisogna vedere nell’assoluto, nel limite estremo, in quanto non-oggettivo”[34]. Quindi, il suo non-oggettivo, il suo Quadrato nero rappresenta l’Assoluto.


 
  Il manifesto della lezione di K. Malevich: 
"Sull'arte, la Chiesa, fabbrica come le tre strade che confermano Dio"


   Le composizioni di Kazymyr Malevytch, si arricchirono gradualmente nella gamma cromatica, nelle forme (triangoli e frammenti di cerchi) ripristinando addirittura qualche illusione di profondità, ritornando infine alla purezza dei suoi ideali originari dipingendo “Quadrato bianco su fondo bianco” (New York, Museum of Modern Art; fu esposto a Mosca nel 1918), dove presenta forme "assolute", libere da ogni descrittivismo naturalistico, che arriveranno all'azzeramento radicalmente puro dei monocromi. Con questo quadro Malevitch portò avanti il discorso pittorico aperto dal cubismo verso l'astrazione assoluta e giunse ai limiti della pittura. “Il mio quadrato dipinto di bianco mi ha dato la possibilità di studiarlo e il manifesto sulla “pura azione”, scrive nell'Introduzione all’album di litografie “Suprematismo - 34 disegni”, pubblicato nel 1920. E dopo continua: “il quadrato bianco porta il mondo bianco (la struttura del mondo), affermando la purezza della vita creativa dell’uomo”[35]. Lui spiega: “Il quadrato bianco, oltre che un movimento puramente economico della forma di tutta la nuova struttura bianca del mondo, è anche una spinta verso la fondazione puramente utilitaristica dell'“uomo tutto”[36].




     Con questa ultima opera del 1919 Kazymyr Malevytch dichiarò conclusa l’esperienza Suprematista e si dedicò principalmente all’insegnamento (con i suoi allievi di Vitebsk, Malevich dà vita al gruppo suprematista Unovis), alla scrittura, cominciando ad interessarsi anche di architettura. Questa sua posizione trova una necessaria spiegazione nel saggio scritto nel 1922 del Mondo senza oggetto. Nel 1922 partecipa alla mostra "Erste Russische Kunstausstellung in Berlin".

 


    Nei primi anni del 1920 il governo sovietico aveva cominciato ad assumere un atteggiamento negativo verso l'arte astratta, totalmente inadatta come strumento di propaganda e aveva iniziato a sostenere il "realismo socialista". Ma nonostante ciò era stato permesso a Malevych di andare all'estero per esporre il suo lavoro.

 
 Lo studio di Malevych


    Nel marzo 1927 lascia la Russia, sperando di immigrare dall'oppressione sovietica, per tenere una mostra personale a Varsavia e poi a Berlino, invitato dai dirigenti della Bauhaus, dove avrà un proprio spazio espositivo alla Große Berliner Kunstausstellung (da maggio a settembre). Partecipava alla "Erste Russische Kunstausstellung in Berlin", alla "Sowjetmalerei exhibition" a Berlino e alla "Russische Kunst von heute" a Vienna. Una versione modificata dell'esposizione dopo apre a Kyiv.

 
Il banchetto in onore della visita Melevich, Varsavia 1927


   Durante il suo soggiorno in Germania conosce le personalità del mondo artistico di grande rilievo del XX secolo: Jean Arp, Kurt Schwitters, Gropius e Moholy-Nagy, Naum Gabo ed anche Le Corbusier. Visita su invito di Gropius il Bauhaus, che pubblicava come volume del Bauhaus il manoscritto "L'arte non oggettiva", tradotto in tedesco da A. von Reisen. "Die Gegenstanstosse Welt" è stato presentato come un scritto fatto nel corso degli anni. Malevych era stato a Berlino dal 29 marzo al 5 giugno, ed è stata la sua prima e ultima volta. Le autorità sovietiche non permisero all'artista di rimanere a lungo in Europa e dovette tornare in URSS.    


 La copertina del libro "L'arte non oggettiva" 
in traduzione tedesca ("Die Gegenstanstosse Welt") pubblicato nel 1927 
da Bauhausbucher come volume 11
 
  

La foto di Malevych mandata alla mamma da Berlino nel 1927 con la dedica in lingua ucraina.
   
     Intuendo il pericolo, lasciò a Berlino gran parte delle sue opere (circa settanta) eseguite tra il 1900 e il 1925), oltre a numerosi scritti al suo amico l'architetto tedesco Hugo Haring. Malevich sperava dopo di ritornare e di raccoglierle. Tra gli appunti e le note lasciati a Berlino insieme alle sue opere vi era anche il manoscritto del saggio fondamentale con la teoria dell'arte astrattista "Il suprematismo o il mondo non oggettivo", pubblicato nella serie dei Bauhausbücher nello stesso 1927 (Die gegenstandslose Welt, ripubblicato con più cura a Colonia nel 1962). Non a caso nel corso del viaggio compiuto in Polonia e in Germania nel 1927, al seguito della grande mostra che rivela per la prima volta la sua opera al mondo e consente la publicazione nello stesso anno e direttamente in tedesco del testo “Il mondo come assenza di oggetti”, Malevytch suscita un profondo interesse.




 

La foto durante la mostra a Berlino 1927 


     E' dovuto rientrare il 5 giugno senza i suoi quadri, avendoli affidati, assieme alle tavole esplicative e alle note teoriche, all'architetto tedesco Hugo Häring (parte della collezione prenderà, più tardi, la via dello Stedelijk Museum di Amsterdam). Dopo il suo ritorno trascorse un mese in prigione con l'accusa di spionaggio a favore della Germania. Durante questo periodo fu bloccato e non gli fu permesso di lavorare. "I miei affari vanno malissimo... non c'è per chi né che lavorare", scrive Malevych al suo amico alla fine del 1927 [37].
   Nel 1927 si trasferì a Kyiv, dove con l'aiuto di Mykola Skrypnyk sono stati create le condizioni normali per la creatività di Malevych. Dal 1927/8 fino al 1930 insegna all'Istituto dell'arte di Kyiv che a quel tempo ottenne la fama del "Bauhaus ucraino", perchè tra i suoi professori c'erano Alexander Bogomazov, Viktor Palmov, Lev Kramarenko e altre stelle della pittura come Mikhail Boychuk, Fedir Krychevsky, Vadim Meller, Vasyl Kasiyan. Malevych aveva l'intenzione di collaborare con Olexander Archypenko. K. Malevych aveva lì il suo laboratorio dove insieme ai colleghi e agli studenti esplorava il processo artistico nell'arte dell'inizio del XX secolo, publicando i suoi articoli sulle innovazioni nell'arte nelle riviste "La Nuova Generazione" (Kharkiv) e "Almanac-avant-garde" (Kyiv), che hanno riservato lo spazio considerevole alle sue dichiarazioni artistiche e padagogiche: ad esempio, la sua teoria del colore era esposta sotto il titolo "Un tentativo di determinare l'interdipendenza del colore e della forma nella pittura" ("La Nuova Generazione", Kharkiv, 1930, n. 6-7, 8-9).

 
K. Malevych con suoi studenti a Kyiv, 1930

    La sua ultima mostra personale anche si è svolta a Kyiv nel 1930. Ma l'inizio delle repressioni contro l'intellighenzia ucraina costrinse Malevych a tornare di nuovo a Leningrado.
  Con grande nostalgia ricordava l'Ucraina, sperando di ritornare a Kyiv (e scriveva sulla sua decisione nelle sue lettere in lingua ucraina). In una sua lettera scrisse: “... Io sono sempre di più attratto da Kyiv, che rimase unica nella mia memoria: le case costruite di mattoni colorati, il terreno collinare, Dnipro, gli orizzonti lontani, piroscafi. La sua vita mi influenza sempre di più. I contadini navigavano, attraversando il Dnipro in barca, portando burro, latte, panna acida, riempiendo le rive e le strade di Kyiv, davano alla città un sapore speciale" [38]. 




   Lui di solito scriveva in lingua ucraina la sua corrispondenza, ricordando Kyiv, la sua vita lì, i suoi amici, come dipingeva con loro i paesaggi di Kyiv. Nei ricordi della sua gioventù scriveva: Era uno studente della classe di paesaggio dell'Accademia delle Arti di San Pietroburgo. Giorno dopo giorno andavamo con lui a fare schizzi in estate, primavera e inverno, trenta verste al giorno. Lungo tutta la strada discutevamo e smettevamo la nostra disputa soltano quando ci sedevamo a dipingere... Ricordavamo l'Ucraina. Entrambi eravamo ucraini" [39].


       La lettera di K. Malevych in lingua ucraina.


   In Russia è stato perseguitato come mistico e formalista ed a causa dei suoi rapporti con gli artisti tedeschi e del nuovo corso del regime sovietico, dopo  due settimane dall'arrivo a Kyiv, Malevych nel 1930 viene nuovamente arrestato a Leningrado  (per la seconda volta: la prima volta nel 1927) per "propaganda antisovietica" ed accusato della mancanza d’amore per l’arte sovietica e per i contatti con nemici dell'Unione Sovietica, e stato imprigionato. Il questionario del prigioniero, conservato fino ad oggi, indicava la sua nazionalità "ucraino" (Dossier  n. 3730-1930: con l'accusa di Malevych Kazymyr Severinovich nato nel 1878, nativo di Kyiv, cittadino dell'URSS, ucraino, artista, sposato, povero, non è membro di partito, dalle parole dell'imputato, ecc. 58).
    Molti modelli, disegni e appunti sono stati distrutti. Rilasciato gravemente ammalato in seguito alle torture subite, inizia di colpo a realizzare opere di carattere “stranamente” figurativo. Ritorna alla pittura da cavalletto alla vigilia della sua stabilita esposizione personale alla Galleria Tret'jakov di Mosca. Ridipinge i quadri del "primo ciclo contadino" (datandoli 1908-1912) e del periodo impressionista (datandoli 1903-1906).


 

 





   Il "Quadrato nero" sarà esposto il giorno della sua morte il 15 maggio 1935, perché lo aveva voluto vicino nel suo estremo saluto, nella sua camera come segno più importante della sua vita.  L’autoritratto di Malevytch, dipinto negli ultimi anni della sua vita, lo raffigura nella veste di un riformatore che sembra indicarci una nuova via, un nuovo mondo, una nuova religione. Considerato un profeta, il suo funerale fu un evento orchestrato dai suoi discepoli come un vero e proprio rituale.

                                Malevich sul letto di morte con "Il quadrato nero" sullo sfondo.


           Il funerale suprematista

 La funzione funebre, Leningrado, maggio del 1935 
(la macchina che porta il suo corpo adornata con la sua emblematica opera quadrato nero)




La sua bara suprematista


                             La tomba con le sue ceneri trasterite a Nemcinivka (vicino Mosca)

   
   É stato sepolto vicino Mosca sotto il sua albero preferito. La sua vita e la sua arte sono state per lungo tempo avvolte nel mistero (viene conosciuto soprattutto per le 70 opere presentate in una mostra del 1927) e non tutti i suoi scritti sono stati interpretati e tradotti e non tutte le sue opere catalogate. Malevitch che contribuì al cambiamento del corso dell'arte, il precursore/fondatore dell’arte astratta, è stato, per più di metà del XX secolo, un artista sconosciuto, nonostante sia considerato come uno dei pilastri dell’arte moderna come anche Picasso, Duchamp, Mondrian e Kandinsky.


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Bibliografia:

1. G. C. ARGAN, L’arte moderna 1770 -1970, Milano 1981.
2. L. P. FINIZIO, L’astrattismo costruttivo. Suprematismo e Costruttivismo, Roma–Bari 1990.
3. C. GRAY, I pionieri dell’arte in Russia, Milano 1964
4. R. CRONE - D. MOOS, Kazimir Malevich: The Climax of Disclosure, 1991
5. K. S. MALEVIC, Dio non è stato detronizzato. L'Arte. La Chiesa. La Fabbrica, 2013.
6. K. S. MALEVIC, L'inattività come verità dell'uomo, 2012
7. K. MALEVITCH, "Manifesto del Suprematismo", in Micheli De M, Le avanguardie artistiche del 900, Milano 1966.
8. K. MALEVITCH, "Il Suprematismo come modello non rappresentazione, (1920)", in Antologia critica. Razionalità e fantasia dell’arte astratta. (a cura di F. Russoli), Milano 1967.
9. K. S. MALEVIC, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977.
10. G. NERET, Kazimir Malevich and Suprematism, 2003
11. G. VERONESI, (a cura di), L’arte moderna. Vol. VI: Razionalità e fantasia dell’arte astratta, Milano 1977.
12. J. WILLET, L'avanguardia europea. Anni Venti a Mosca ed a Weimar, Roma 1983
13. R. C. WILLIAMS, Artists in Revolution: Portraits of the Russian Avant-Garde 1905-1925, Bloomington 1973.

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[1] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, 365-366.
[2] Idem., p. 366-367.
[3] Idem, p. 370.
[4] K. Malevitch, Il Suprematismo come modello non rappresentazione, 1920 in Antologia critica. Razionalità e fantasia dell’arte asrtatta. (a cura di F. Russoli) Milano 1967, 15.
[5] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, 210
[6] K. Malevitch, Il Suprematismo come modello non rappresentazione, 1920 in Antologia critica. Razionalità e fantasia dell’arte asrtatta. (a cura di F. Russoli) Milano 1967, 18.
[7]  Idem., p. 15
[8] Idem., p. 58, G. C. Argan. L’arte moderna 1770 -1970, Milano1981, 397.
[9] Idem.
[10] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, p. 192
[11] Idem, p. 192
[12] Idem, 188-340
[13] Idem, p. 188.
[14] Idem, p. 114,
[15] Idem, p.188.
[16] Idem, p.340
[17] Idem, p. 126
[18] Idem, p. 373.
[19] Idem, p. 377.
[20] Idem, p. 373.
[21] K. Malevitch, Manifesto del Suprematismo in Micheli De M. Le avangurdie artistiche del 900, Milano 1966, p. 18
[22] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, p. 195
[23] Idem., p.197
[24] K. S. Malevic, Scritti, Milano 1977, p. 228
[25] Idem.
[26] Idem, p. 347.
[27] Idem , p. 228.
[28] Idem, p. 198
[29] Idem., p.197
[30] Idem, p. 260
[31] Idem, p. 246.
[32] K. Malevich, Dio non è stato detronizzato. L'Arte. La Chiesa. La Fabbrica. 2013, 50
[33] Idem, p. 53
[34] Idem, p. 55-56.
[35] K. S. Malevic, Scritti (a cura di Andrei B. Nakov), Milano 1977, p. 198
[36] Idem., p. 198
[37] Idem, 387
[38] Idem, 369
[39] Idem, 370-371


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Fonte : scritti e appunti della dott.ssa Yaryna Moroz Sarno, e-mail: yarynamorozsarno@gmail.com .
Sito web: https://yarynamorozsarno.blogspot.com

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